Le secche di Tor Paterno
Tutta la costa che va da Ladispoli ad Anzio è bassa e sabbiosa. Il profilo monotono della costa è interrotto da un’unica formazione rocciosa piuttosto estesa, posta subito a nord di Torvaianica. La roccia cede il passo alla sabbia a 18 metri di profondità. Più al largo, una seconda zona rocciosa, poggiata sulla sabbia a circa 60 metri di fondo, risale verso la superficie del mare, fino ad una quota di – 18 metri. Una terza zona di roccia è posta ancora più al largo, mentre dai 90 metri di profondità in poi solo sabbia e fango, a meno di una piccola conformazione rocciosa che risale dai 130 ai 110 metri di profondità.
Queste zone rocciose, proprio perché isolate in mezzo ad una zona di sabbia, hanno il potere di concentrare il pesce. L’habitat è adatto al proliferare di tutte le forme vegetali ed animali che stanno alla base della catena alimentare fino ai grandi predoni del mare.
In genere, quando si parla di Secche di Tor Paterno ci si riferisce alla seconda zona rocciosa. L’Area Marina Protetta delle Secche di Tor Paterno comprende la seconda e parte della terza zona di roccia mentre quella di terra è una zona non regolamentata. Romanatura, l’Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree Naturali Protette del Comune di Roma, rilascia le autorizzazioni annuali per la pesca sportiva, attività sottoposta a specifica regolamentazione. L’area è delimitata da quattro boe gialle ben visibili anche ad una certa distanza.
L’istituzione dell’Area Protetta non ha però salvaguardato le secche da una pressione di pesca esercitata in modo troppo aggressivo dai professionisti. Complice un regolamento secondo noi troppo permissivo e la scarsità di controlli che non ostacolano efficacemente il bracconaggio, molto spesso la zona è soggetta a prelievi indiscriminati che riducono drasticamente le popolazioni dei nostri amici pennuti.
La zona di terra è battuta dai sub alla ricerca di orate, cefali, corvine e saraghi. Anche i serra e le spigole qui sono di casa e possono essere insidiati anche da noi a traina, con esche artificiali. Inoltre, qui si può cercare di catturare quei pesci che serviranno poi da esca, quali le aguglie, le occhiate, i sugarelli. Come tecniche di pesca a questi piccoli pesci consigliamo la trainetta con le piume, con le matassine,con i vermi innescati oppure l’uso dei sabiki. La zona sipresta anche alla pesca dei polpi, nei periodi adatti.
Sulla secca vera e proprio si può praticare con successo la traina a fondo col vivo, alla ricerca dei dentici e delle ricciole. Oltre ai pesci citati, come esca è molto utilizzata la seppia viva, facile da pescare, nella stagione giusta, lungo tutta la costa sabbiosa. Questa è anche l'unica zona dove pescare, in inverno, i calamari.
Stesse prede nel caso del vertical jigging, tecnica di pesca che solo qui, partendo da Ostia-Fiumicino, può essere esercitata nella sua espressione più impegnativa.
Molto praticato in questa zona è soprattutto il bolentino, con fragolini e tanute come prede più ricercate, con anellidi, molluschi bivalvi, gamberetti, tocchetti di calamaro e sarda come esca.
Tutta la zona si presta ottimamente alla traina con gli artificiali, alla ricerca dei tonnetti, delle lampughe, dei lanzardi, delle palamite. Come alternativa alla traina si può ricorrere al light drifting che se praticato a fondo può regalarci tanute, saraghi e se saremo fortunati orate e dentici.
All’esterno della secca si trova invece uno degli hot spot della costa laziale per il drifting al tonno. La più battuta è la fascia che va dai 70 ai 110 metri di fondo.