La foce del Tevere
Là dove l’acqua del fiume entra nel mare, si crea un ambiente del tutto particolare, estremamente favorevole alla pesca.
La corrente che si scontra col moto ondoso crea una zona di onde più alte, la cosiddetta barra, che in certe giornate può perfino rendere difficile il passaggio delle imbarcazioni di piccole dimensioni. Il deflusso è influenzato non solo dal moto ondoso e dalla corrente del mare, ma anche dalla marea che in fase di innalzamento spinge l’acqua salata all’interno della foce mentre in fase di calo provoca al contrario l’aumento della velocità della corrente del fiume. Naturalmente, c’è anche da tener conto del livello del fiume che in caso di pioggie abbondanti che provocano una piena si può alzare di parecchi metri fino a lambire gli argini e, talvolta, a tracimare.
L’acqua del fiume scorre in superficie per centinaia di metri o anche per dei chilometri senza miscelarsi con quella salata del mare che ha una diversa densità. Chi decolla o atterra dal vicino aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino ha modo di distinguere bene, dall’alto, il corso di questo fiume che, pur privo di rive che ne contengano il corso, si addentra nel mare e si spinge sempre più al largo. Tutto ciò per la diversa colorazione assunta dall’acqua dolce del fiume (tutte le tonalità dal verde opaco al marrone scuro) rispetto all’acqua salata dal mare (toni dall’azzurro chiaro al blu intenso). Il “capo d’acqua”, vale a dire la zona di confine tra l’acqua salata del mare e quella dolce del fiume è una zona di grande interesse per noi pescatori, da scandagliare con attenzione, anche ad alcune miglia di distanza dalla costa.
Tutta la zona tra Ostia e Maccarese è fortemente influenzata dall’acqua del fiume che ne determina la torbidità del mare trasportando a valle tanti sedimenti. Durante le piene è impressionante la quantità di oggetti trasportati. Rami, tronchi e interi alberi scendono trasportati dalla corrente insieme ai residui solidi urbani più disparati. Per giorni poi li ritroveremo in mare e spesso costituiscono un pericolo per la navigazione. Il richiamo dell’acqua dolce su alcuni pesci di mare è noto. Se ciò è vero per fiumiciattoli e torrenti, figuriamoci quanto potente può essere il richiamo esercitato da un grande fiume come il Tevere!
E’ un ambiente difficile da interpretare, condizionato com’è da tantissimi fattori ma che offre anche grandissime opportunità per chi saprà affrontarlo con un corretto approccio. Perchè proprio in foce troveremo concentrati grandi branchi di pesce, grazie alla catena alimentare innescata dall’enorme quantità di cibo trasportata dalla corrente. E noi saremo lì, pronti ad approfittare della presenza dei predatori, ad insidiare le spigole, i serra e le lecce mentre sono intenti a dare la caccia alle acciughe, alle aguglie, alle stelle, ai cefali. Si potranno pescare da terra come dalla barca, a fondo, alla passata, a traina con gli artificiali e col vivo, a spinning, di giorno e di notte. Insomma, ce n’è per tutti.