Dotto
Lo Epinephalus Alexandrinus è un’altra varietà della cernia. E’ un pesce di dimensioni inferiori rispetto alla parente cernia bruna, ma pur sempre per noi pescatori interessanti, dal corpo affusolato, compresso lateralmente. La testa è grande, a profilo triangolare. L’apertura boccale è ampia. La mandibola è assai prominente e questo è uno dei caratteri distintivi più facilmente individuabili.
Sull’opercolo sono presenti delle spine, in numero di tre, rivolte all’indietro. Quella centrale è più lunga delle altre due. Piccolle squame rivestono, oltre al corpo, anche parte della testa. I denti, cardiformi, sono disposti su tre-quattro file. La pinna dorsale è unica ed è munita di raggi spinosi, anteriormente, e di raggi molli, verso la coda. La pinna codale, a differenza della cernia bruna, nel dotto non è tondeggiante bensì presenta alle estremità superiore ed inferiore degli angoli ben evidenti, quasi delle punte.
La colorazione è bruna ma non molto scura, tendente al nocciola, con strisce più scure longitudinali molto evidenti negli esemplari più giovani mentre negli adulti sono appena visibili. Negli adulti, c’è anche una macchia dorata, lateralmente, che però scompare con la morte dell’animale. Come accade per tutti i pesci dotati di spiccate doti di mimetismo, la colorazione può assumere toni più o meno scuri a seconda del colore prevalente del fondale. Ad esempio, può assumere dei toni sul verde se il pesce nuota su una prateria di posidonia oceanica.
Il dotto vive su fondali prevalentemente rocciosi, a profondità quasi mai inferiore ai venti metri ed ha un comportamento nomade.
Contrariamente alla cernia, pur non disdegnando la vita di tana, passa molto del suo tempo in acqua libera, anche se sempre a stretto contatto con il fondo. La sua alimentazione è carnivora. Le sue prede, cefalopodi e pesci, vengono ingeriti interi in virtù dell’ampiezza della bocca.
La lunghezza di un adulto può raggiungere gli 80 centimetri per un peso che può superare gli 8 chilogrammi.Ama le acque temperate. La sua presenza è massiccia nel Mediterraneo Orientale (Grecia, Turchia, e sulle coste Nord Africane. In Italia è presente nello Ionio, nel basso Adriatico, nel basso Tirreno e più raramente in quello centrale. In Italia è in Sicilia e sulle secche e intorno alle isole del Canale di Sicilia che si registra la maggiore concentrazione di dotti.
La pesca professionale viene esercitata secondo le tecniche e le modalità della cernia bruna, con reti e palamiti. L’indole nomade del dotto, tuttavia, ne consente una cattura più frequente, là dove presente in buon numero, anche da parte del pescatore sportivo, in particolar modo a traina, sia con esche naturali che con esche artificiali ma sempre a stretto contatto col fondo. Le secche rocciose più profonde sono i luoghi dove cercare i dotti. Non lungo le coste del Lazio, purtroppo, visto che questo bel pesce, nel mar Tirreno, è tipico della Calabria, della Sicilia, della Campania e del Sud della Sardegna. Forse solo alle Isole Pontine può capitare di catturare un dotto, in modo casuale, però, che definirei fortunoso.
Rispetto alla cernia, le dimensioni mediamente più contenute del dotto ed una meno accentuata tendenza ad intanarsi, ne facilitano la cattura una volta allamato. Non appena staccato dal fondo, la cattura non regala particolari emozioni perché il dotto non brilla certo in fatto di combattività. Sarà comunque utile disporre di un guadino molto ampio o, meglio ancora, di un buon raffio, per imbarcare il pesce senza rischi di slamatura o rottura del finale.
La carne del dotto è molto simile, per colore, consistenza e gusto, a quella, ottima, della cugina cernia. Si presta alla stessa preparazione ed è altrettanto apprezzata. Pertanto, per le indicazioni sui tipi di cottura più indicati, vi rimandiamo a quanto già riportato parlando della cernia.